In linea generale, però, la facoltà di impugnare una delibera condominiale spetta solo ai titolari di unità immobiliari.
Il caso più frequente è quello dell’amministratore di condominio che si vede revocare l’incarico dall’assemblea e, ritenendo la decisione illegittima, cerca di contrastarla chiedendo l’invalidazione del verbale assembleare.
Dimostrare la nullità del verbale di assemblea condominiale significa provare l’esistenza di un vizio di forma, di un’irregolarità nella procedura.
In teoria, come stabilisce l’art. 1130 n.1 c.c., le delibere relative alla nomina, alla revoca dell’amministratore e tutte quelle che impartiscono degli ordini sono il risultato della volontà assembleare e, in quanto tali, non possono essere contestate. Il titolare dell’amministrazione può solo limitarsi ad adeguarsi e a darvi esecuzione.
Tuttavia, se l’amministratore ritiene che una delibera vada contro la legge o il regolamento ha la facoltà di non darle esecuzione, almeno momentaneamente, e di convocare di nuovo l’assemblea per richiedere una diversa valutazione della sua decisione.
Se, però, l’invalidità è dovuta a motivi procedurali e formali, l’amministratore non può impugnare la delibera condominiale. A meno che non sia anche condòmino dello stabile, oltre che titolare della sua amministrazione.
Lo stesso vale per la delibera assembleare che stabilisce la revoca del suo incarico. L’amministrazione che la ritiene ingiusta può solo rivolgersi a un giudice per dimostrare che la revoca del suo incarico non si fonda su motivi legittimi e richiedere un risarcimento.
Quanto alle delibere nulle, quelle cioè invalidate da vizi procedurali, in teoria, come stabilisce l’art. 1421 c.c., possono essere impugnate da chiunque. Anche dall’amministratore. Ma si tratta di casi particolari, ognuno dei quali merita una valutazione a sè stante.
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12 Dicembre 2017